La coscienza esplora il possibile attraverso l'impossibile
May 7th, 2025 by F.Bianco ~ Edit this post“Ogni volta che canticchio frasi insensate, paradossali o provocatorie, come un mantra privato che nessuno deve sentire, sento che sto toccando un confine invisibile. Non è follia. È la mia coscienza che prende una boccata d’aria fuori dalle strutture abituali del pensiero.”
Nel silenzio della mente, nascono mondi. In questo saggio esplorerò un fenomeno apparentemente marginale ma profondamente rivelatore: quei momenti in cui la coscienza gioca con l’assurdo, attraverso quattro prospettive che si intrecciano in un’unica visione: le filastrocche nonsense di Toti Scialoja, il dadaismo poetico, i giochi mentali della solitudine creativa e la filosofia dell’assurdo. Quattro sentieri che convergono in un unico punto: il luogo dove la coscienza, per esplorare il possibile, deve prima attraversare l’impossibile.
Il comportamento: quando la mente gioca da sola
Capita spesso, quando sono solo o con i miei familiari più stretti, di canticchiare frasi prive di senso logico ma ricche di ritmo, rime e risonanze inattese. “Sono il figlio di mio figlio, io io…“. Queste espressioni non sono sintomi di un disturbo né semplici lapsus. Sono piuttosto finestre temporanee su un processo mentale fondamentale: la coscienza che esplora i confini del possibile.
Da queste esperienze quotidiane emerge una domanda più profonda: che cosa cerca la mente umana quando abbandona deliberatamente le strutture del senso comune?
1. Toti Scialoja: il nonsense come rivelazione
Il poeta e pittore italiano Toti Scialoja ha trasformato il linguaggio infantile in arte visionaria. Le sue filastrocche non sono semplici giochi linguistici, ma epistemologie alternative — modi di conoscere il mondo attraverso l’assurdo:
“Un topo senza fiato in un armadio
sta ritto su una zampa a Roccapadio”
Dietro l’apparente semplicità, si cela una rivoluzione: Scialoja non usa il nonsense come fuga dalla realtà, ma come metodo di esplorazione di essa. Il suo linguaggio non è assenza di senso, ma eccesso di senso che trabocca dalle strutture consuete.
Non è forse questo che accade quando la mente, libera dai vincoli comunicativi, crea spontaneamente strutture linguistiche impossibili? Non è un allontanamento dalla realtà, ma un modo per mappare territori inesplorati di essa.
2. Il dadaismo: la dissoluzione come creazione
Il Dadaismo nacque nel 1916 come risposta all’irrazionalità della guerra mondiale. Le sue manifestazioni più radicali, come i poemi sonori di Hugo Ball, recitati in costumi geometrici al Cabaret Voltaire, rappresentano il tentativo di ricostruire il linguaggio dalle fondamenta:
“gadji beri bimba glandridi laula lonni cadori…”
Questa apparente regressione a un linguaggio pre-semantico non era una fuga nel caos, ma un tentativo di accedere a uno strato più profondo della coscienza umana. Il Dada non voleva distruggere il significato, ma liberarlo dalle convenzioni che lo imprigionavano.
Quando pronunziamo frasi come “zio zoppo zoppa i zoccoli del cosmo”, stiamo inconsapevolmente ripercorrendo questo processo: scomporre per ricomporre, disimparare per imparare nuovamente.
3. La solitudine creativa: laboratori di possibilità
La mente umana, quando non è assorbita da compiti immediati né soggetta al giudizio sociale, entra spesso in quello che i neuroscienziati chiamano “modalità default” — uno stato di creatività diffusa dove emergono connessioni inaspettate tra idee e concetti.
È in questi momenti che il pensiero diventa esplorativo piuttosto che confermativo. La mente non cerca di verificare ipotesi conosciute, ma genera spontaneamente nuove ipotesi, attraverso processi che assomigliano più all’evoluzione biologica che al ragionamento deduttivo:
- Variazione: produzione di idee casuali
- Selezione: ritenzione inconscia di quelle che risuonano
- Replicazione: elaborazione e sviluppo delle idee selezionate
Questo processo stocastico è particolarmente evidente nei giochi linguistici solitari, dove la mente genera e scarta continuamente possibilità espressive, senza uno scopo apparente ma con una profonda funzione evolutiva.
4. La filosofia dell’assurdo: l’impossibile come specchio
Nel pensiero di Albert Camus, l’assurdo non è una categoria logica ma esistenziale: nasce dall’incontro tra la domanda umana di significato e il silenzio irragionevole del mondo. Similmente, nel teatro di Eugène Ionesco e Samuel Beckett, l’impossibilità logica diventa lo strumento per rivelare verità altrimenti indicibili.
Quando dico “sono il figlio di mio figlio”, creo un paradosso temporale che non può esistere nella realtà fisica, ma che esiste potentemente nel regno simbolico. Questo paradosso non è solo un gioco, ma una lente filosofica che ci permette di esplorare concetti come identità, tempo e successione in modi che il linguaggio ordinario non consente.
L’assurdo diventa così non una negazione del senso, ma una sua amplificazione attraverso il contrasto — esattamente come in fisica quantistica, dove le particelle rivelano le loro proprietà solo attraverso esperimenti che ne evidenziano il comportamento paradossale.
Conclusione: la coscienza come esploratrice del possibile
Questi quattro percorsi — la poesia nonsense, il dadaismo, i giochi mentali e la filosofia dell’assurdo — convergono in una visione della coscienza umana come fondamentalmente esplorativa e generativa. La coscienza non è semplicemente uno specchio del mondo, ma un laboratorio dove il possibile viene continuamente testato attraverso l’impossibile.
In questo senso, il nonsense non è l’opposto del senso, ma il suo laboratorio sperimentale. Quando la mente gioca con l’assurdo, non sta fuggendo dalla realtà, ma sta creando i presupposti per comprenderla più profondamente.
Ogni filastrocca senza senso, ogni gioco linguistico apparentemente futile, potrebbe essere in realtà un piccolo esperimento cognitivo — un modo per la coscienza di mappare non solo ciò che è, ma ciò che potrebbe essere. E in un universo in continua evoluzione, questa capacità di immaginare l’impossibile potrebbe essere la nostra risorsa più preziosa.
Forse è proprio qui che risiede il segreto della coscienza: non nella sua capacità di riflettere il mondo, ma nella sua costante ricerca di trascenderlo attraverso l’immaginazione. Non siamo solo abitanti dell’universo, ma anche suoi esploratori — e l’assurdo è la nostra bussola nelle terre incognite del possibile.
Francesco Bianco è filosofo, scrittore e ricercatore indipendente nel campo della coscienza e dei processi creativi. Questo articolo fa parte della serie “Cartografie della mente” per il blog Gnosis.